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«Avere un attacco d’arte» e «fare un Art Attack» sono modi di dire entrati nell’immaginario comune grazie alla potenza comunicativa di Giovanni Muciaccia, mostro sacro della televisione per i bambini di diverse generazioni. E, anche se è lontano dagli schermi, continua a divulgare arte e creatività, nello stesso modo fruibile e appassionato che tutti conoscono.
Giovanni Muciaccia oggi, infatti, è anche scrittore: suo è il libro uscito per Rizzoli Attacchi d’arte contemporanea. Per comprendere l’arte e stimolare la creatività, un testo che in sette coloratissimi capitoli (di cui uno da leggere al contrario per cambiare punto di vista) si propone di offrire nuovi e originali spunti di riflessione sul mondo dell’arte moderna e contemporanea.
Attacchi d’arte contemporanea
Il libro di Giovanni Muciaccia nasce dalla sua passione per l’arte contemporanea, di cui è anche collezionista, e vuole colmare il vuoto che l’autore ha riscontrato nel mondo scolastico, tra la corrente del Futurismo e la contemporaneità. Lo stile è quello inconfondibile di Muciaccia, maestro della semplificazione, divulgatore puro e senza fronzoli, che riesce nella missione di dar vita a un libro che sia appassionati sia profani riescono ad apprezzare.
Gli confesso di essere cresciuta con i suoi attacchi d’arte e che, ogni volta che ne replicavo uno, o almeno provavo a farlo, al di là del risultato finale, ciò che posso dire oggi è che mi aiutava a dare forma a qualche bisogno della me bambina. Il ruolo dell’arte nello sviluppo dei bambini è fondamentale, sottolinea Giovanni Muciaccia nell’intervista. I suoi stessi bambini seguono numerosi tutorial e Muciaccia trova affascinante il modo in cui le nuove generazioni, nonostante abbiano tantissima tecnologia a disposizione, continuino a cercare strumenti che possano guidarli nella creazione di qualcosa.
L’arte come strumento educativo
L’arte è un momento di forte introspezione, è un modo per stare con se stessi, è una pausa dal mondo esterno, uno spazio per ascoltare la propria interiorità, scoprirsi, capirsi e provare a esternare i propri pensieri e le proprie emozioni. E anche se il risultato finale non è perfetto, è comunque importante per adulti e bambini praticare l’arte perché in quel momento si è soli con se stessi. In una quotidianità che ci impone fretta, corsa, mancanze, spesso sensi di colpa, è fondamentale ritagliarsi una pausa, che sia come un respiro, e un modo per ritrovarsi e riconnettersi con il proprio mondo.
I colori della genitorialità
Sempre parlando di bambini, confido a Muciaccia che talvolta, quando ho litigato con mia figlia, lei mi ha detto di aver sentito il suo cuore diventare blu, come se l’emozione della rabbia, o forse della delusione, della tristezza, o magari anche la paura, potessero avere un colore. Perché forse le emozioni un colore ce lo hanno davvero, o almeno è ciò che voglio credere io.
Anche le note musicali sembrano possedere un colore, chiarissimo e definito, al punto che ciascuna delle dodici note può essere associata a uno specifico colore. In questo modo la musica diventa visibile, e anche tutti i suoni del mondo. Nel flusso di pensieri Muciaccia spiega che Van Gogh era solito creare un’aura di colore intorno ai personaggi dei suoi quadri, come se quei colori, unici e irriproducibili che lui stesso creava, raccontassero l’anima del personaggio, i pensieri che aveva in quel momento. Quindi forse sì, il colore può parlare di emozioni, in maniera netta ma profondamente soggettiva.
E, mentre lo salutavo, non ho potuto fare a meno di pensare a tutti i colori della genitorialità, e alle sfumature, le luci e i contrasti. A quel mondo così pieno che assorbe e che poi, come fosse una magia o un attacco d’arte, restituisce bellezza. E respiro.