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Giovanni Muciaccia e i bambini: l’arte come punto di contatto

A volte basta un semplice cambio di prospettiva, proprio come avviene davanti a un’opera d’arte, per carpire meglio le sfumature dei bambini

Giovanni Muciaccia e i bambini: l’arte come punto di contatto

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A volte basta un semplice cambio di prospettiva, proprio come avviene davanti a un’opera d’arte, per carpire meglio le sfumature dei bambini

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Capire i propri figli, capirli davvero. È questa, probabilmente, una delle sfide maggiori del diventare genitori. Perché quando i bambini smettono di essere totalmente dipendenti da noi, e iniziano a intraprendere il loro percorso nel mondo, plasmando i loro caratteri, le loro attitudini e anche le loro intenzioni, è in quel momento che ogni genitore si sente un po’ smarrito. «Perché i figli si comportano in un certo modo?», «Perché reagiscono così alle nostre parole?», «Perché continuano a fare la stessa cosa anche se abbiamo già spiegato dieci volte che è qualcosa da non fare?».

Forse basterebbe un semplice cambio di prospettiva, proprio come avviene davanti a un’opera d’arte, per carpirne meglio sfumature, contrasti e punti luce.

Come entrare in contatto con i bambini

Giovanni Muciaccia, indimenticabile mito creativo di Art Attack, oggi è anche autore del libro Attacchi d’arte contemporanea, un testo edito da Rizzoli, che si propone di spiegare – e far amare – l’arte moderna e contemporanea a tutti, e magari da lì partire per guardare il mondo con occhi diversi.

Perché, se è vero che un pittore o uno scultore impongono il punto focale della propria opera obbligando lo spettatore a posizionarsi a una certa distanza, in una certa angolazione, per poterne cogliere tutti i dettagli, per farla osservare nel modo in cui loro stessi l’hanno concepita in quanto frutto del loro impegno, del loro punto di vista sul mondo, forse è altrettanto vero che per capire un altro essere umano occorre porsi alla giusta distanza, ravvicinata talvolta, e scardinarsi un po’ dalle proprie certezze per entrare in connessione con l’altro.

Sfruttare l’arte per comunicare con i più piccoli

E con i bambini, che sono molto più bassi di noi in statura ma sono quasi sempre dei giganti, magari occorrerebbe solo abbassarsi per salire al loro livello, guardarli negli occhi e poi osservare oltre quei piccoli corpi per provare a percepire il mondo in maniera simile a loro. E se questo non dovesse bastare a rispondere a tutti i dubbi, magari bisogna provare a porsi le giuste domande, come se un fascio di luce cambiasse improvvisamente il colore di un dipinto.

Giovanni Muciaccia prova addirittura a spiegarci come si leggono le opere d’arte contemporanea, come dobbiamo approcciarci a loro per comprenderle, come maneggiare un foglio di carta bianco per indurirlo e trasformarlo in un origami, o anche come apprezzare gli squarci delle tele di Lucio Fontana e imparare a vederli non come tagli, e quindi brutture, ma come gesti potentissimi di espressività.

Cambi di prospettiva e squarci di crescita

E se un gesto insistente di un bambino, che per esempio continua a giocare a palla dentro casa nonostante gli sia stato detto di non farlo, riuscissimo a leggerlo come uno squarcio significativo nella sua crescita anziché come un taglio prepotente nella nostra quotidianità? Ecco che torna in soccorso il cambio di prospettiva, i fasci di luce che colpiscono nuove aree, che ci lasciano scoprire nuove verità, o semplici identità.

E, come già diceva Pablo Picasso, e ci ricorda proprio Muciaccia, non bisogna mai dimenticarsi che «un bravo artista copia, un grande artista ruba». Sarà per questo che, in mezzo alle nostre mille domande da genitori, continuiamo ad aggrapparci all’unica grande certezza che abbiamo: i figli rubano sonno e pensieri, ma soprattutto cuore. Come fossero non solo i capolavori, ma anche i più grandi artisti della nostra vita.

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