L’ansia è un’emozione di base che quasi tutti hanno provato almeno una volta nella vita: uno stato di tensione psicofisica che si manifesta quando una situazione presente, o futura, viene percepita come una minaccia che si ritiene di non poter fronteggiare. L’ansia però, diversamente dalla paura che presuppone un reale pericolo, è caratterizzata da sentimenti di preoccupazione non connessi, almeno apparentemente, a una causa specifica e ben delineata. Molti disturbi d’ansia si sviluppano in età infantile, e se non vengono riconosciuti o curati come tali tendono a persistere anche in età adulta. La maggior parte di questi disturbi, inoltre, è diffusa nella popolazione femminile con un rapporto di 2 a 1 rispetto ai maschi.
I fattori che influiscono sulle persone determinando stati di ansia più o meno gravi possono essere raggruppati in tre grandi tipologie:
- stili di vita intensi (ritmi di lavoro frenetici, abusi di sostanze psicotrope, ecc.);
- fattori genetici ereditari;
- disequilibri più o meno fisiologici di alcune molecole presenti nel cervello (principalmente noradrenalina e serotonina).
Sintomi e cause associate all’ansia
Premesso che l’ansia viene percepita in modo diverso a seconda della persona che la vive, quando parliamo di sintomi dobbiamo distinguere i sintomi fisici da quelli psicologici.
Sintomi fisici:
- nodo alla gola
- pressione al torace
- senso di soffocamento
- aumento del battito cardiaco
- palpitazioni, aumento o diminuzione della pressione cardiaca
- perdita dell’appetito
- vomito e dolori addominali
- agitazione e sudorazione diffusa
Sintomi psicologici:
- preoccupazioni eccessive per questioni secondarie
- tendenza al catastrofismo
- irritabilità e impazienza
- difficoltà a concentrarsi e scarsa attenzione
- sensazione di perdita del senso della realtà
- disturbi della memoria
- disturbi del sonno
Per diagnosticare un disturbo d’ansia occorre accertarsi che i sintomi non siano attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza, un farmaco, un’altra condizione medica o disturbo mentale. L’ansia, quando diventa preoccupazione eccessiva per una grande quantità di eventi, e si manifesta più volte per almeno sei mesi, si definisce ansia generalizzata. Diversamente, quando diventa paura di non riuscire ad affrontare una situazione presente o futura, e paura del giudizio degli altri, si definisce ansia sociale, un disagio molto forte e persistente.
Cosa si intende per ansia generalizzata?
Nel disturbo d’ansia generalizzata i sintomi sono costanti e si manifestano anche in assenza di veri e propri fattori o eventi esterni che li scatenano. Di solito la preoccupazione risulta eccessiva e sproporzionata rispetto alla realtà dei fatti. I sintomi più frequenti sono:
- irrequietezza (“nervi a fior di pelle”)
- costante affaticamento
- difficoltà di concentrazione
- vuoti di memoria
- tensione muscolare
- difficoltà ad addormentarsi
Fobia sociale: come si presenta?
L’ansia sociale (o fobia sociale) è un disturbo caratterizzato da intensa e persistente paura di essere giudicati negativamente in situazioni sociali o durante lo svolgimento di un’attività. Fonti scatenanti sono le interazioni con persone sconosciute, essere osservati mentre si mangia o eseguire una particolare prestazione di fronte ad altra gente. Timore centrale della fobia sociale è quello di essere giudicati dagli altri come persone ansiose, impacciate, o inadeguate. Tra i sintomi fisici più frequenti: palpitazioni, tremori, sudorazione, rossore del volto, malessere gastrointestinale, tensione muscolare, confusione. Tali sintomi, se di intensità elevata, possono trasformarsi in veri e propri attacchi di panico.
Riconoscere gli attacchi di panico
Il panico, come l’ansia, è un’intensa paura che si manifesta in assenza di un reale pericolo. Le differenze tra ansia e panico sono l’intensità dei sintomi e la velocità in cui si manifestano. L’attacco di panico, infatti, è un episodio breve e improvviso di ansia intollerabile, il risultato di interpretazioni “catastrofiche” di eventi fisici e mentali erroneamente considerati come segni di un imminente disastro. Il carattere improvviso dell’attacco di panico e la sua relativa imprevedibilità fa sentire le persone particolarmente deboli e vulnerabili, condizione che porta non di rado a un cambiamento significativo della propria vita. I sintomi, in genere, raggiungono rapidamente l’apice e sono di breve durata (di solito 10 minuti o meno). Queste manifestazioni, come nell’ansia, si differenziano in sintomi fisici e psicologici.
Sintomi fisici:
- rossore al viso e talvolta all’area del petto
- capogiri, sensazione di stordimento
- debolezza
- formicolii o intorpidimenti nelle aree delle mani, dei piedi e del viso
- difficoltà respiratoria (dispnea o soffocamento)
- aumento della sudorazione o brividi (sintomi legati a repentini cambiamenti della temperatura corporea e della pressione)
- nausea
- tachicardia o palpitazioni
- tremori o scatti
Sintomi psicologici:
- paura di perdere il controllo
- paura di impazzire
- paura o convinzione di stare sul punto di morire
- crisi di pianto
Il disagio generato dagli attacchi di panico è spesso accompagnato da vergogna e timore che il malessere sia percepito da altre persone e possa favorire un’immagine di sé “debole”.
Gli attacchi di panico sono molto diffusi, soprattutto tra i giovani. Per diagnosticare se una persona soffre di attacchi di panico, o se si tratta solamente di episodi sporadici, devono essere soddisfatti alcuni criteri fondamentali:
- gli attacchi di panico devono essere ricorrenti, non è sufficiente un singolo episodio;
- almeno uno degli attacchi deve essere seguito da un mese di forte preoccupazione di averne altri che possano produrre conseguenze gravi, come infarto o perdita di controllo totale;
- presenza o assenza di agorafobia (paura degli spazi aperti e affollati o di trovarsi in pubblico);
- gli attacchi non devono essere la conseguenza dell’assunzione di droghe o dipendere da una condizione medica di disturbi psichiatrici.
I motivi per cui le persone soffrono di attacchi di panico sono numerosi. Tra le cause più diffuse: la predisposizione genetica, lo stress, le preoccupazioni sulla propria salute, sentimenti spiacevoli causati ad esempio da problemi o difficoltà personali o professionali. Generalmente, però, un attacco di panico è la conseguenza di ansia repressa. Frequentemente infatti, episodi non riconosciuti nel tempo possono provocare un aumento dell’ansia che può superare una soglia e scatenare un attacco di panico.
Metodi di gestione dell’ansia
Il primo passo per gestire l’ansia è quello di accettarla e non reprimerla. Di solito, infatti, più si tenta di reprimere l’ansia più ci si concentra sul sintomo, e più questo aumenta con il rischio di trasformarsi ben presto in panico. Quindi, quanto più si accetta quello che sta capitando, tanto meno l’ansia avrà influenza su chi la percepisce.
Uno dei segreti per tenere a bada gli attacchi di ansia è quello di riuscire a controllare la respirazione. Non a caso, sul piano psicologico, la respirazione si trova alla base di ogni tecnica di rilassamento. Molte volte, per esempio, si respira velocemente e con respiri poco profondi: questa modalità può accelerare gli attacchi d’ansia. Quando siamo ansiosi, infatti, il respiro “si accorcia” e si comincia a respirare solo con la parte alta dei polmoni. Per gestire l’ansia bisogna imparare a respirare con il diaframma, decongestionando il torace. La respirazione deve essere lenta e profonda, e deve farsi “bassa”.
Molto spesso l’ansia e gli stati d’animo negativi dipendono non dagli avvenimenti in sé, ma dalle nostre aspettative e interpretazioni su di essi. Un’altra strategia per gestire l’ansia è quella di cercare di non pensare solo ai nostri punti deboli, sopravvalutando le probabilità di un “disastro”, ma porre l’attenzione sui nostri punti di forza spesso dimenticati. Inoltre occorre cercare di individuare ciò che provoca ansia, ossia i nostri pensieri negativi (o meglio “disfunzionali”). Per riuscire in questa operazione non facile occorre innanzitutto fermarsi e farsi delle domande del tipo: «Che cosa penso della situazione? Come posso affrontarla?». Mentre, risposte disfunzionali del tipo: «Penso che non riuscirò mai ad affrontare tale situazione» oppure «Sono obbligato, ma perderò tutto», possono trasformarsi in risposte del tipo «Mi conviene provarci, forse ci riuscirò».
La tecnica che insegna alle persone a cambiare i pensieri negativi (disadattivi) con altri che ci aiutino a stare meglio è la ristrutturazione cognitiva. La ristrutturazione cognitiva è uno degli strumenti della psicoterapia cognitiva comportamentale, metodologia rivelatasi efficace nella gestione dell’ansia e dello stress. Base della ristrutturazione cognitiva si basa sulla convinzione che se si cambiano certi pensieri si possono cambiare le emozioni associate a essi, e questo farà sentire meglio.
Altra tecnica efficace per gestire l’ansia (la cui premessa è sempre la respirazione diaframmatica) è la mindfulness, antica pratica buddista basata sulla meditazione.
Nella terapia mindfulness, la persona si concentra sulle sensazioni del corpo che emergono quando ci si sente in preda all’ansia. La concentrazione è sul presente, non sul passato o sul futuro. Questa pratica può aiutare a vivere il quotidiano mettendo a distanza le ansie lavorative, i traumi familiari e affettivi, e persino i dolori che affliggono fisicamente.
Ansia: come combatterla?
L’ansia, di per sé, non è un disturbo, bensì un sintomo che esprime un nostro coinvolgimento emotivo, e come la febbre può manifestarsi in una molteplicità di disturbi e di difficoltà differenti.
Le cause dell’ansia cambiano da persona a persona e vanno ricercate nell’interazione tra i fattori bio-psico-sociali dell’individuo (fattori genetici, caratteristiche psicologiche individuali, esperienze di vita). Per distinguere un’ansia “normale” da una “patologica”, occorre valutare il fenomeno in base a tre semplici parametri:
- frequenza e durata
- congruenza con lo stimolo ansiogeno;
- intensità
Riassumendo, per gestire l’ansia occorre quindi:
- accettarla e non reprimerla;
- associare l’ansia a ciò che stiamo facendo o dobbiamo fare per individuare la causa di tale sintomo;
- individuare il nostro segnale corporeo associato all’ansia per evitare che si trasformi in panico;
- identificare quali sono i pensieri relativi all’emozione, il proprio dialogo interno, cioè i pensieri disfunzionali;
- cercare di sostituire i pensieri e le convinzioni disfunzionali con pensieri più vicini alla realtà;
- nel caso in cui gli attacchi d’ansia siano frequenti o si siano trasformati in attacchi di panico, ricorrere a tecniche comportamentali o intraprendere percorsi psicoterapeutici.